Ucraina 2023
https://www.youtube.com/watch?v=DZTquDET4RQ
LA STORIA DI IRINA
A dicembre 2023 ho visitato alcune zone dell’Ucraina. Sono stato anche a Bucha e Irpin, luoghi tristemente famosi a causa delle atrocità commesse dall’esercito russo.
Avevo ancora negli occhi quelle terribili immagini, che tutti i media avevano ampiamente diffuso e che mostravano decine di persone assassinate e i cadaveri abbandonati ai lati delle strade, molti con le mani legate dietro la schiena e che i soliti complottisti, anti-atlantisti, ex rivoluzionari nostalgici, giornalisti tifosi, prezzolati esperti di geopolitica e anche qualche rispettabile e stimato cronista, ne avevano messo in dubbio l’autenticità.
Bucha è tornata ad una vita quasi “normale”. Se non fosse per il deposito di carri armati russi distrutti, che si incontra poco prima di arrivare in città e qualche check-point non presidiato è difficile percepire, a prima vista, l’orrore che il luogo ha vissuto.
A questo ha rimediato Irina che quei momenti li ha vissuti sulla propria pelle.
Ci siamo incontrati per caso: gli ho chiesto un’informazione e lei si è resa disponibile ad accompagnarmi e a raccontarmi la sua storia. Ci siamo visti per due giorni consecutivi e i suoi racconti confermavano ciò che è stato ampiamente raccontato dai mezzi d’informazione. E così… “…vedi quante cose sono solo fesserie”.
Gli ho chiesto se potevo raccontare la sua storia. Ma poi ho pensato fosse meglio che la raccontasse lei in prima persona.
Per cui riporto il racconto di Irina, tradotto e “aggiustato” per renderlo più comprensibile in italiano e la versione originale in ucraino. C’è poi qualche foto che documenta i danni ancora visibili a strutture, case e il monumento dedicato alle vittime nel cortile della chiesa di Sant’Andrea (uno dei luoghi in cui furono trovate fosse comuni); il link che riporta al mio sito e che comprende anche alcune foto, molto crude, quasi tutte già viste, che ho ripreso all’interno della chiesa che ospita una mostra sull’orrore di quei giorni.
Nel racconto di Irina ci sono un paio di cose che, secondo me, è bene precisare:
quando racconta dell’unguento che si spalmava sul corpo, forse non si capisce, ma era una misura antistupro.
Quando è tornata a casa sua, casa che era stata utilizzata da un comandate russo, tra le altre cose, costui si è portato via tutti i vestiti del marito e gran parte dei suoi. Compresa la biancheria intima del marito. E ha abbandonato la divisa da militare sul letto. Credo abbia disertato.
Ora, io non so come possa risolversi o terminare questa guerra di conquista, ma è impressionante il coraggio e la passione con cui gli ucraini combattono per il loro Paese.
𝗟𝗮 𝘀𝘁𝗼𝗿𝗶𝗮 𝗱𝗶 𝗜𝗿𝗶𝗻𝗮 𝗶𝗻 𝗜𝘁𝗮𝗹𝗶𝗮𝗻𝗼.
Mi chiamo Iryna e vivo nella città di Bucha, in Ucraina. Con la mia famiglia, come tutte le famiglie avevamo progetti di vita e sogni per il futuro.
Il 24 febbraio del 2022 ci siamo svegliati con forti esplosioni. Leggiamo le notizie e riportano che la Russia ha attaccato l'Ucraina. Non capendo, sono andata come sempre a lavorare a Kiev in treno. Era impossibile credere che una cosa del genere potesse accadere.
Al lavoro si diceva che era iniziata la guerra, e allora sono tornata a casa. Ho preso la metropolitana, poi ho camminato a lungo, finché delle brave persone non mi hanno portato a casa (eravamo in sette). Sebbene questo viaggio verso casa sia stato fisicamente il più lungo e il più difficile di tutta la mia vita, non ho sentito alcuna stanchezza, perché volevo solo vedere mio figlio e mio marito, che dopo un intervento chirurgico aveva un difficile stato di salute. Volevo solo andare da loro.
Il 25 ci rendemmo conto che la situazione era molto difficile. C'era il rombo dei carri armati, degli aerei, esplosioni continue, caos, orrore, tutto bruciava, i militari russi saccheggiavano negozi e farmacie. Non capivamo cosa stava accadendo, perché non c'era più alcuna comunicazione.
È stata la prima notte che abbiamo trascorso nel seminterrato, prima vivevamo nel nostro appartamento. Non volevamo lasciarlo, perché c’è voluto molto tempo per risparmiare i soldi necessari a comprare la casa. La mia famiglia ci viveva da soli due mesi.
Non lasciammo il seminterrato per i successivi tre giorni, insieme ad altre persone, gatti e cani. Quando lo abbiamo lasciato, fuori c’erano persone uccise e lasciate per strada. Un mio vicino, era uscito sul balcone per fumare una sigaretta, e gli hanno sparato. Non c'era modo di seppellirlo. E’ rimasto così per diversi giorni...
Alla fine è finito il cibo e non c'era nemmeno l'acqua. Grazie alla solidarietà tra vicini, ognuno ha condiviso tutto ciò che aveva. Tutto è stato condiviso. Il cibo veniva preparato nel cortile, accendendo un fuoco. Per lo più si trattava di cereali. Si sognava un pezzo di pane. Anche avendo soldi, era impossibile comprarlo.
Non è possibile trasmettere quella disperazione e il senso di impotenza. Dovevo dare da mangiare a mio figlio. Faceva molto freddo (8 gradi).
Credevo che tutto sarebbe finito in fretta. Ma la speranza è scomparsa, quando alcuni conoscenti hanno riferito che un missile aveva colpito la casa dove vive la madre di mio marito, che ha preso fuoco. Dovevamo andare lì. Quel giorno, per la prima volta nella mia vita, ho cercato di trasformarmi in una donna disgustosa. Mi sono truccata in modo terribile, mi sono spalmata con un unguento puzzolente e mi sono vestìta con gli abiti peggiori. Tutto ciò era necessario per proteggermi, come donna, quando incontravo i soldati russi lungo la strada. Mio marito mi accompagnava nonostante il grande rischio di non tornare a casa.
I corpi dei civili uccisi in città, mangiati dai cani, giacevano tutt'intorno alla strada. I carri armati bruciavano e c'erano molti posti di blocco degli occupanti.
Ad un posto di blocco ho chiesto di non spararci alla schiena.
Così abbiamo raggiunto la vecchia madre di mio marito e ci siamo assicurati che fosse viva. Quando siamo tornati, abbiamo deciso che era ora di andarcene, anche per proteggere il nostro unico figlio, per proteggere la sua psiche in modo che non crollasse. Mi sono rifiutata di salire sull'autobus di evacuazione perché portavano via solo donne e bambini. Non potevo lasciare mio marito. Nella gioia e nei guai siamo sempre insieme. Inoltre, ha recentemente subito un'intervento. Abbiamo deciso quindi di andarcene in auto, che era parcheggiata quasi fuori città. Era pericoloso, perché l'esercito russo sparava alle auto su cui viaggiavano famiglie, anche con bambini piccoli.
Dopo due settimane di occupazione di Bucha, ci siamo svegliati la mattina, abbiamo raccolto uno zaino con documenti, soldi e contatti (ndr - indirizzi e numeri di telefono) di tutti i possibili parenti. Dovevamo andare a prendere l’auto, ed era molto rischioso. Abbiamo lasciato nostro figlio a casa raccomandandogli in caso di pericolo di stare con i vicini. Gli abbiamo promesso che saremmo tornati presto, anche se sapevamo che poteva essere una percorso a senso unico. Il mio cuore si stava spezzando in quel momento. Ai vicini abbiamo chiesto di aiutarlo in ogni modo possibile, se non fossimo tornati. È impossibile trasmettere quei sentimenti.
Alla fine abbiamo ritirato la macchina e siamo tornati a prendere nostro figlio. Sono corso da lui, l'ho abbracciato forte e gli ho detto: "Siamo tornati da te". Mio figlio rispose: "Sapevo che sareste tornati".
Anche se è stato difficile, siamo riusciti a lasciare Bucha in un grande convoglio di auto, al quale ci siamo uniti. Quel giorno era stato raggiunto un accordo sul "corridoio verde". Ci consideriamo fortunati. C’erano posti di blocco degli occupanti, interrogatori con le mitragliatrici puntate in bocca, ma tutto andò bene.
Ad aprile siamo tornati nella nostra casa, dove non c'erano finestre intere, i muri erano in frantumi a causa delle granate esplose, ma abbiamo riparato tutto. Questo è l'appartamento dei nostri sogni, il nostro nido familiare. Non dimenticheremo mai ciò che abbiamo dovuto subire a causa dell'attacco dei nostri vicini. I corpi delle persone assassinate non scompariranno mai dalla mia memoria. E prometto a me stessa che mai più nella mia vita mi trasformerò in una vecchia strega, perché sono una donna e devo essere attraente.
Ringrazio mio figlio Erik, mi marito Igor, che hanno sopportato tutto questo. Grazie a tutti i parenti per la loro cura, i vicini, con i quali ci siamo uniti e siamo diventati parenti, anche se nelle nostre vene scorre sangue diverso. Ringrazio l'esercito ucraino, che ha liberato la città dagli occupanti. Ringrazio Dio per la vita!
Credo che la guerra finirà con la vittoria dell'Ucraina e noi ricostruiremo definitivamente ogni pezzo della nostra terra!!!
Per vedere, anche, le crude foto della mostra, che non è aperta al pubblico: https://domenicolaviano.com/ucraina
𝗟𝗮 𝘀𝘁𝗼𝗿𝗶𝗮 𝗱𝗶 𝗜𝗿𝗶𝗻𝗮 𝗶𝗻 𝗨𝗰𝗿𝗮𝗶𝗻𝗼/Історія Ірини з України
Я Ірина з міста Бучі, яка з родиною мріяли про майбутнє та мали плани на життя.
24 лютого 2022 року ми прокинулися від гучних вибухів. Прочитали у новинах, що росія напала на Україну. Не розуміючи цього, як завжди потягом приїхала на роботу в Київ. Неможливо просто було повірити, що таке може бути.
На роботі сказали, що розпочалася війна і я поїхала додому. Я трішки проїхала в метро, потім дуже довго йшла пішки, аж доки добрі люди не взяли до себе в мишину (нас було семеро). Хоча фізично цей шлях додому був найдовшим і найважчим за усе життя, та жодної втоми не відчувалося, бо було єдине бажання - побачити сина і чоловіка, у якого після операції був складний стан здоров’я. Хотілося йти до них.
25-го числа зрозуміли, що ситуація дуже складна. Був гул танків, літаків, постійні вибухи, хаос, жахіття, все горіло, російські військові розграбовували магазини, аптеки. Ми не розуміли що відбувається, бо зв'язку вже не було.
Це була перша ніч, яку ми провели у підвалі, до цього ночували у квартирі. Нам не хотілося її залишати, бо довгий час збирали гроші на купівлю житла. У ній сім'єю встигли прожити тільки два місяці.
Наступні три дні ми не виходили з підвалу. У ньому були і люди, і коти, і собаки. Коли вийшли з підвалу, побачили як на вулицях лежали розстріляні люди. Одного сусіда, який вийшов на балкон покурити сигарету - застрелили. Змоги його похоронити не було. Він так і лежав декілька днів…
З часом закінчилася їжа, води також не було. Завдяки згуртованості сусідів, кожен ділився усім, що мали. Все було спільне. Їжу готували у дворі, розпалюючи багаття. Переважно це були крупи. Про шматок хліба ніхто і не мріяв. Маючи гроші, його неможливо було купити.
Передати той відчай і власну неспроможність неможливо. Я мала нагодувати свого сина. Було надзвичайно холодно (ред. 8 градусів тепла).
Вірила, що все скінчиться. Але надія в один момент зникла, коли знайомі повідомили, що у будинок, де проживає мама мого чоловіка влучила ракета і він горить. Я мусила туди піти. В цей день я вперше в житті намагалася зробити із себе огидну жінку. Нанесла жахливий макіяж, намастила руки смердючою аптекарською маззю і вдяглася в найгірший одяг. Все це було необхідне, аби вберегти себе як жінку, коли на шляху зустріну російських військових. Чоловік пішов зі мною попри великий ризик не повернутися.
Дорогою навкруги лежали тіла вбитих мирних мешканців міста Буча, яких їли собаки. Горіли танки і було безліч блокпостів окупантів.
Я попросила на блокпосту щоб вони не стріляли у спину.
І ми таки дійшли до старенької мами чоловіка та переконалися, що вона жива. Коли повернулися - вирішили, що прийшов час виїжджати, аби вберегти єдиного сина, вберегти його психіку, щоб він не зламався. Їхати евакуаційним автобусом я відмовилася, оскільки вони вивозили лише жінок і дітей. Залишити чоловіка я не могла. І в радості і в біді - ми завжди разом. Окрім того він нещодавно був прооперований. Тому вирішили їхати машиною, яка була припаркована майже за містом. Це було небезпечно, бо російські військові розстрілювали машини, у яких їхали сім'ї навіть з маленькими дітьми.
За два тижня окупації Бучі ми прокинулися зранку, зібрали рюкзачок з документами, грошима та контактами (ред. - адреси та номера телефонів) усіх можливих родичів. Сказали сину, щоб у разі небезпеки брав лише його і тримався сусідів. Ми пообіцяли сину, що скоро повернемося, хоча припускали, що це може бути дорога в один кінець. Серце в той момент розривалося на шматки. Сусідів попросили, якщо раптом ми не повернемося, щоб вони допомогли йому чим зможуть. Передати ті почуття… неможливо.
Врешті ми забрали машину і повернулися за сином. Я побігла до нього, міцно обійняла і сказала: “Ми повернулися до тебе”. Син відповів: “Я знав, що ви повернетеся”.
Якби складно це не було зробити, вдалося виїхати з Бучі великою колоною машин, до якої ми приєдналися. Цього дня була домовленість про «зелений коридор». Ми вважаємо, що нам пощастило. Дорогою були блокпости окупантів, допити під дулами автоматів, але все обійшлося.
У квітні ми повернулися в рідний дім, де не було цілих вікон, стіни були в осколках від розірваних снарядів, та ми все відремонтували. Це наша омріяна квартира, наше сімейне гніздо. Ми ніколи не забудемо, що прийшлося пережити через наступ наших сусідів. Ніколи з пам'яті не зникнуть тіла вбитих людей. І я обіцяю собі, що більше ніколи в житті не буду навмисне робити з себе неошатну бабусю, бо я - жінка, і маю бути привабливою.
Я дякую своєму сину Еріку, чоловіку Ігорю, що ми витримали. Дякую усім рідним за турботу, сусідам, що ми об'єдналися і стали рідними, хоча у венах тече різна кров. Я дякую українським військовим, які звільнили місто від окупантів. Я дякую Богу за життя!
● Вірю, що війна скінчиться перемогою України і ми обов'язково відбудуємо кожний клаптик нашої землі !!!
Normandia
#2allecolonnedercole - Ottobre-Novembre 2021 -
Sono convinto che il viaggio sia una metafora della vita: partenza, percorso e arrivo. Il vero viaggio, non la vacanza. Il viaggio che non conosce la data di rientro a casa e che non prevede i soli selfie davanti ai monumenti e ai luoghi più famosi.
Il viaggio è condivisione, interazione, conoscenza, avventura, libertà e ricerca. Una profonda esperienza di vita. Per quanto mi riguarda il viaggio è soprattutto condivisione e interazione con gli esseri umani che popolano questo mondo. Questo viaggio "on the road" , lo abbiamo intrapreso, io l'amico e Giuseppe Pitino, con lo spirito dei viaggiatori: quello che non conosce la data di ritorno che ci ha spinto ad esplorare quanto più possibile: 6.300 Km in un mese attraversando Francia, Spagna e Portogallo.
Cambogia
Cambogia: la terra del sorriso.
Quando si decide di visitare certi paesi bisogna prepararsi e richiamare alla memoria la storia del luogo, anche, per avvicinarsi alla popolazione con la giusta consapevolezza.
Il viaggio non è solo un momento di evasione dal quotidiano ma, anche e soprattutto, una lezione, un corso di formazione che ci aiuta a comprendere e a rispettare il prossimo. Un momento che apre ulteriormente la nostra mente. A patto di non viverlo come fa un “turista per caso”. Ho letto, e continuo a farlo, molti libri di Tiziano Terzani, testimone oculare pieno di pietas verso questi popoli da lui tanto amati. Per cui “conoscevo” la Cambogia attraverso i suoi racconti e le sue corrispondenze. Corrispondenze che per la maggior parte si riferiscono al periodo del folle regime comunista di Pol Pot e del conseguente genocidio. Un genocidio che per le proporzioni del fenomeno e l'impatto sulla popolazione complessiva, può essere considerato come un caso unico e senza precedenti nella storia dell'umanità. Si stima lo sterminio del 25/30% della popolazione. Una cambogiana mi ha raccontato che quando i primi europei sono tornati in Cambogia i bambini erano terrorizzati alla vista degli occhiali da sole. Non conoscevano ogni forma di occhiali perché ritenuti dal regime simbolo degli intellettuali, razza da cancellare.
La visita del carcere s21, una scuola che i Khmer Rossi trasformarono in una prigione adibita a luogo di tortura e morte, mi ha colpito emotivamente come quando visitai Auschwitz, anche se le atrocità qui commesse vengono presentate in una forma quasi "asettica" . Per cui sorprende come questo popolo, diviso fra aguzzini e vittime, è riuscito in breve tempo a ritrovare una sua unità e identità. Sarà merito del buddismo con il suo sereno messaggio? A parte il passato tragico e triste io definirei la Cambogia “la terra dei sorrisi” , la Cambogia affascina non solo per la ricchezza del suo patrimonio culturale ma anche, e soprattutto, per la cordialità e la gentilezza della sua gente. Un paese nel quale tutti ti sorridono e ti ringraziano. Ti ringraziano anche quando dovresti essere tu a ringraziare loro. Un paese in via di sviluppo con evidenti e grandi sacche di povertà che però ti riconcilia con il genere umano. In particolare se rapportato al nostro ricco e opulento paese, che di contro è abitato da molta gente arrabbiata e poco rispettosa del prossimo.
Cuba
L’acqua cristallina del mare caraibico, le aragoste fresche servite per 15 euro e il fascino sinistro di una capitale cadente. A Cuba si può optare per un viaggio all’insegna del mare, del divertimento, del ballo, della natura e visitare Trinidad, Cienfuegos e altre località amene.
Cuba però non è solo questo. A prescindere da cosa si desideri visitare, Cuba rimane sicuramente nel cuore di chi non solo l’ha vista con gli occhi del turista, ma si è messo a parlare con la gente, ha ascoltato le loro lamentele e i loro sogni: la loro speranza che tutto presto migliori. Ha alloggiato nelle casas particulares, bed and breakfast in salsa cubana, tra l’altro molto convenienti rispetto agli alberghi che hanno in media tariffe europee. Oppure muovendosi con taxi collettivi o privati che costano pochi euro. Percorrere le vie dell’Avana a bordo di una vecchia Buick o una Chevrolet del 1948, con sedili sfondati e maniglie che ormai non funzionano più o mancano, è un’esperienza che non si dimentica. Come prendere il treno che collega l'Avana a Matanzas e scoprire, in realtà, di essere saliti sulle montagne russe.
All’Avana gran parte dei palazzi hanno infissi e tetti segnati dal tempo, intonaci scrostati. Alcuni edifici cadono letteralmente a pezzi. Passeggiare sul Malecón, ossia il lungomare della capitale, significa fare uno slalom tra buche e pietre sconnesse, così come nella maggior parte delle vie cittadine. Il centro cittadino però conserva ancora dei veri e propri tesori, degni delle migliori cartoline. L’Avana, che tanto amò Ernest Hemingway, affascina ancora oggi proprio per i suoi forti contrasti. Le contraddizioni della capitale hanno contagiato anche la provincia, dove però il tempo scorre più lentamente e consente di assorbire i cambiamenti senza grandi traumi. Uscendo dall’Avana si vedono sempre meno turisti, mentre abbondano taxi di ogni tipo a quattro ruote, ma anche a pedali e carretti trainati da cavalli.
La gente è di norma allegra, molto ospitale e socializza facilmente. Nonostante la maggior parte di loro viva in ristrettezze economiche che per noi “fortunati” sono inimmaginabili: un lavoratore medio guadagna 12,25 dollari al mese. Alcuni vivono in case che noi faremmo fatica ad adibire a stalle. Ovunque ci sono persone, non tutti naturalmente, che ti chiedono un pesos, una maglietta o altro. Ma lo fanno con dignità, non insistono e ti rispettano.
Il mito del “Che” è ancora molto presente: si vede e si percepisce in ogni angolo di Cuba e visitando il suo mausoleo a Santa Clara dove è venerato come un santo. Fidel, invece, mi è parso sia stato più temuto che amato.
India
Il fotografo Dieter Ludwing disse a Tiziano Terzani: "l'India è un'esperienza che ti accorcia la vita, ma è anche un'esperienza che dà senso alla vita". L’India, in effetti, non è una destinazione semplice da affrontare. Caotica, inquinata e sporca, ma al tempo stesso ricca di fascino, storia e cultura, l’India racchiude in sè mille bellezze ed altrettanti contrasti:
Templi, profumi, musica, riti di purificazione, spiritualità e misticismo…
Traffico caotico, inquinamento, rumori e clacson assordanti e odori acri dell’immondizia che regna sovrana… Ma bisogna viverla l’India, gustarla e assaporarla, entrare in vivo contatto e lasciarsi trasportare…
Parigi